Una frase agghiacciante, pronunciata con inquietante nonchalance all’indomani della tragica morte di Francesco Pio Maimone, 18enne vittima innocente di una brutale faida scatenata per futili motivi. “Sono cose che capitano… A Napoli sono morti i bambini che non c’entravano”, queste le parole intercettate dalla polizia di Stato nella casa della famiglia Valda il 21 marzo 2023, appena ventiquattro ore dopo l’omicidio. A proferirle fu Luigi Valda, fratello di Francesco Pio Valda, il principale responsabile dell’assurdo gesto.
Quelle parole, cariche di una cinica rassegnazione alla violenza e alla perdita di vite innocenti, sono riemerse con forza nelle motivazioni della sentenza emessa lo scorso 30 gennaio. I giudici hanno infatti richiamato quella conversazione come elemento significativo nel delineare la mentalità e la spietatezza di Francesco Pio Valda, condannato poi all’ergastolo per l’omicidio di Maimone. La frase del fratello, sebbene non direttamente collegata all’azione criminale, getta una luce oscura sul contesto in cui è maturato il delitto e sulla percezione distorta della violenza in certi ambienti.
Oltre a Francesco Pio Valda, la giustizia ha colpito anche altri individui legati alla famiglia, ritenuti coinvolti a vario titolo nella vicenda. La sentenza, che ha inflitto condanne a diverse persone, rappresenta un tentativo di fare luce su una dinamica criminale che ha portato alla perdita di una giovane vita per un motivo banale come un paio di scarpe sporcate. Le parole del fratello dell’assassino, tuttavia, rimangono un monito inquietante sulla persistenza di una cultura della violenza che sembra accettare, con agghiacciante normalità, la morte di innocenti.