Rosario Zeppa appartiene all’ultima generazione di una famiglia di grandi professionisti che ha fatto la storia del nostro Sannio, portando contributi significativi in ambito sociale, politico e soprattutto medico. Suo nonno Rosario fu oculista di eccezionale maestria scientifica e profonda umanità: nato a Montefalcone di Val Fortore (dove fu anche sindaco), si trasferì a Benevento ed esercitò la professione con dedizione e grande amore per i suoi pazienti, offrendo assistenza gratuita alle persone meno abbienti e ai compaesani. Qualità ereditate dal nipote, che oggi prova a farsi strada alla guida del centro medico chirurgico Luxor, struttura d’eccellenza fondata dal papà Lucio al rione Capodimonte. «Per fare il nostro mestiere bisogna amare la gente», diceva il grande Umberto Veronesi: parole che Rosario ha fatto sue, guidato dagli insegnamenti del nonno e del padre, arrivando a sviluppare quell’empatia che è da sempre ‘il sangue della medicina’. Oggi questo giovane professionista ha tanti progetti nella testa e nel cuore in un quartiere al quale è legato profondamente da gesti importanti e concereti: nel periodo del Covid lui e la sua famiglia donarono migliaia di mascherine alla comunità e nel futuro sono pronti ad un passo ancora più importante. Un amore ricambiato, ovviamente, e che lo scorso anno ha portato l’amministrazione comunale ad intitolare lo slargo della struttura sanitaria alla memoria del nonno.
Partiamo dalla vostra creatura: il centro medico chirurgico Luxor compie 20 anni. Come nacque l’idea?
L’idea era quella di creare una struttura che ospitasse determinati tipi di professionisti selezionati e che potesse offrire tutte le branche specialistiche a disposizione dei pazienti. Luminari come Giuseppe Catapano, Bruno Daniele e Francesco Crafa è stata con noi al centro Luxor per diversi anni. Il fiore all’occhiello della struttura è rappresentato da un blocco operatorio all’avanguardia che potesse offrire anche la parte chirurgica: un’idea che mio padre Lucio prese negli Stati Uniti osservando il lavoro nelle Day Surgery. Piano piano negli anni siamo cresciuti. Quando nel 2017 ho preso in mano la gestione della struttura, ho cercato di cambiare l’organizzazione: in primis la scelta dei professionisti, sempre molto selezionati, puntando su specialisti giovani con una età media di circa 48-52 anni, molti dei quali sono già primari ospedalieri. Ho anche cercato di investire sugli elettromedicali e sulla diagnostica, pur non avendo convenzioni con enti preposti o sovvenzioni statali. Oltre al centro, abbiamo anche un’altra struttura – di proprietà del nostro gruppo imprenditoriale – che è un laboratorio di analisi convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale ed è gestito da mio fratello.
Quali i vostri settori di riferimento?
L’oculistica – per la quale abbiamo fatto investimenti importantissimi – è stata considerata dal principio il fiore all’occhiello del centro per una questione di specializzazioni familiari: consideri che mio nonno, mio padre e due miei fratelli sono oculisti. Ma il centro Luxor conta oggi ben 23 specializzazioni diverse. Questo era un altro obiettivo che mi ero prefissato: far sì che la struttura fosse polispecialistica e potesse abbracciare a 360° quanti più settori possibili. Ogni giorno, con il nostro lavoro e il nostro impegno sul campo, proviamo ad accontentare le più svariate esigenze dei nostri pazienti, riducendo quanto più possibile i tempi di attesa per gli interventi e con costi moderatamente contenuti.
Veniamo a questo progetto importante per la comunità. Quali gli obiettivi prefissati per il futuro del centro?
Gli obiettivi sono tanti e ambiziosi. La mia idea è quella di realizzare una costola del centro che possa offrire al quartiere Capodimonte, al quale sono particolarmente affezionato, un servizio di guardia medica per almeno 12 ore al giorno e completamente gratuito per i cittadini. Vogliamo interfacciarci anche sulla medicina di base, che è poi il settore che mi riguarda in prima persona.
Parliamo un po’ di te. Doppia laura in farmacia e medicina: hai collezionato esperienze importanti in una grande casa farmaceutica e in Pronto soccorso. In cosa l’hanno aiutata queste due esperienze?
La prima esperienza nell’azienda farmaceutica, vissuta da dipendente, mi ha dato le basi fondamentali per poter gestire successivamente il centro Luxor. In particolare nell’organizzazione aziendale, nell’approccio con i collaboratori e nella visione completa dal punto di vista manageriale: oggi al centro Luxor abbiamo una squadra di circa 50 persone tra dipendenti, specialisti e collaboratori. Il lavoro nel Pronto Soccorso in un ospedale grande come il Moscati di Avellino – fatto a cavallo della seconda ondata Covid – è stato formidabile, aiutandomi sia sul piano umano che professionale. Il Pronto Soccorso ti dà la possibilità di spaziare e conoscere un po’ tutto quello che riguarda l’ambito medico. Credo fortemente che tutti i laureandi in Medicina debbano vivere obbligatoriamente almeno un anno di tirocinio nei PS: solo lì riesci a toccare con mano quelle che sono tutte le patologie e anche la sofferenza del paziente.
A proposito di Pronto Soccorso, si parla tanto delle difficoltà del personale sanitario a causa delle carenze di organico. Disagi che spesso sfociano in episodi di aggressione. Qual è secondo lei la strada da percorrere per superare queste criticità?
Credo che il primo aspetto da risolvere sia quello gestionale e amministrativo. Oggi quasi tutti i Pronto Soccorsi sono stati accorpati ai reparti di Medicina d’Urgenza: ciò significa che i primari di reparto sono gli stessi del PS e hanno dunque un carico di lavoro molto elevato. Sono convinto che ci sia bisogno di una figura manageriale specifica solo per la gestione del Pronto Soccorso, che affianchi la direzione generale degli ospedali. A proposito di sicurezza, poi, la mancanza di drappelli di polizia – che sono fondamentali – in determinati ambienti porta ad una facilità di aggressione che è ormai preoccupante. Infine, l’aspetto che riguarda i carichi di lavoro: medici e personale sanitario nei PS non possono gestire 50/60 pazienti in sei ore di turno. E’ umanamente impossibile.
Andiamo un po’ sul personale. Un’eredità pesante la sua: papà Lucio, fondatore del Centro e primario ad Avellino; nonno Rosario, famoso oculista e primario al Rummo, con un passato in politica, anche da sindaco di Montefalcone di Val Fortore. Cosa ha appreso da loro?
Le racconto un aneddoto. Quando mi presento a pazienti o a colleghi, ho molta difficoltà a pronunciare il mio cognome. Inevitabilmente vengo riconosciuto e, il più delle volte, ricevo tanti complimenti per il lavoro svolto da mio padre e da mio nonno nel campo medico. Non mi piace il paragone, nella mia vita ho sempre cercato di evitare l’etichetta del cognome e soprattutto ho sempre voluto cercare una mia strada. Quello che però ho appreso da loro e che mi spinge a fare sempre meglio sono l’amore e il rispetto verso i pazienti e nei confronti di chi si interfaccia con noi medici per una problematica.
Lei è anche parte attiva nel nuovo Ordine dei Medici guidato dal presidente Luca Milano, come lo è stato suo nonno dal 1955 al 1975. Quali i traguardi che vi siete posti come esecutivo?
Sono molto grato al presidente Milano per avermi dato la possibilità di far parte di questa squadra. La cosa che più mi ha impressionato è stata la partecipazione plebiscitaria che c’è stata alle elezioni per il rinnovo del Consiglio, ma anche la straordinaria partecipazione al primo incontro post votazioni. Grande merito al presidente che è entrato nei cuori dei colleghi come guida preziosa e credibile. Il nostro obiettivo principale è quello di essere vicini a tutti: alle esigenze dei medici e dei pazienti.
Da alcuni mesi è anche nello staff medico del Benevento Calcio. Che esperienza sta vivendo?
Un’esperienza diversa, nuova e sicuramente formativa. Oltre al presidente Milano, ho la fortuna di lavorare con il dott. Walter Giorgione, persona perbene e grande professionista, dal quale si può solo imparare. Con loro collaboro sia con il settore giovanile sia con la prima squadra. Da beneventano e appassionato di calcio, mi sento un grande privilegiato a lavorare per la mia squadra del cuore. Così come considero lo stare tra i giovani un’altra grande fortuna. E poi mi permetta di aggiungere una cosa: lavorare con il presidente Vigorito, per il quale nutro grande stima e affetto, è un qualcosa di straordinario.
Cosa c’è nel suo futuro?
Sono una persona abituata a vivere le fasi lavorative come dei cicli che devono inevitabilmente finire. Del resto, amo molto cambiare. Il mio futuro è sicuramente nella medicina di base, sulla quale ho puntato tanto. E poi in tutto ciò che è nuovo e stimolante.