CAMPANIA- “Care colleghe, cari colleghi, gentili avvocate e gentili avvocati è venuto il momento di smetterla di parlare solo tra di noi nei convegni, nelle riunioni e nelle tavole più o meno rotonde, per non parlare delle ossessionanti mailing list in cui ce la suoniamo e ce la cantiamo tra di noi addetti ai lavori; smettiamola dunque di parlarci addosso”. Il pm della Procura di Napoli Henry Jhon Woodcock ha aperto cosi’ la lettera, pubblicata oggi su “Il Fatto Quotidiano” per sollecitare un linguaggio semplice e non troppo tecnico da parte dei suoi colleghi in primis e degli avvocati sui temi referendari legati alla riforma della separazione delle carriere dei magistrati e dell’Alta Corte Disciplinare voluta dal Governo. “E ora di parlare alla gente comune, all’uomo della strada al quale della separazione delle carriere e della riforma della giustizia non importa nulla,e che, tantomeno,si rende conto della possibile incidenza di questa riforma sulla propria esistenza; è il momento di parlare nelle scuole dove si formano le generazioni
del futuro, per strada, nelle palestre, nei supermercati dove chi prova a sbarcare il lunario riesce ad acquistare, ogni settimana che passa, un prodotto in meno.
L’autoreferenzialità è la caratteristica più comune dell’essere umano, a qualsiasi categoria appartenga, ma è davvero venuto il momento di fare tutti uno sforzo,
primi tra tutti i magistrati”. La necessita’ di spiegare i veri effetti sulla comunità e sul funzionamento della Giustizia ma anche un passaggio finale, che è legato al rischio che i temi del dibattito esondino da quelli legati realmente alla Riforma: D’altra parte, ed è questa la cosa più importante, si eviti dis strumentalizzare storie vicende obiettivamente drammatiche, che tuttavia nulla hanno a che fare con la paventata riforma e di cui tanto si parla in questi giorni e con il prossimo referendum, come la vicenda che coinvolse Enzo Tortora, consumatasi – è bene rammentarlo a chi fa finta di dimenticarlo – nella vigenza del vecchio codice di rito e di un sistema inquisitorio che proprio nulla ha a che vedere conl’attuale sistema penale. Dunque, parliamone, discutiamone “appiccichiamoci”, ma lasciamo almeno che i morti riposino in pace”. La lettera completa sull’edizione de “Il Fatto Quotidiano”.

